RITORNO AL FUTURO

Racconto invernale

Scriveva Roberto Pazzi, romanziere e poeta di fama internazionale che ha frequentato a lungo Fabriano: “Sono morto da più di vent’anni, ma ancora non so staccarmi dalla mia città. Bella com’è, i forestieri m’invidiavano sempre di viverci e io non avevo forza di deluderli. Che ne sapevo di come si vivesse altrove? Avrei dovuto andarmene, spezzare la catena che mi legava a questo centro di pianura, sprofondato in una depressione non solo geografica” (da Le città del dottor Malaguti edito da Garzanti nel 1993). A partire da questa frase abbiamo immaginato, certamente peccando di ottimismo, la nostra Fabriano tra trent’anni.

Una tangenziale trafficata corre parallela all’entrata di Fabriano centro. Le strade interne sono pavimentate a caldo, senza buche e dissesti del manto. I palazzi intonacati da colori vivaci, in prevalenza con tonalità di giallo, sono stati ristrutturati in un’originale scenografia, come la famosa Burano. L’aumento degli operatori ecologici e delle spazzatrici industriali ha reso i quartieri tirati a lucido anche in autunno con la caduta delle foglie: da via Dante, dove sono spariti i ruderi industriali, lungo viale Moccia, fino a viale XIII luglio, che segna l’uscita ad ovest. I negozi nelle vie del centro appaiono luminosi, qualificati. I vicoli rabbuiati hanno ancora un odore d’antico, come se il Medioevo non se ne fosse mai andato dalle viuzze ad incrocio. E’ sempre stato così, del resto. Nel cuore di Fabriano la Fontana Sturinalto, da poco restaurata, sprizza acqua e la torre civica è un guardiano di pietra. Il gioiello architettonico del Palazzo del Podestà suscita un fascino austero anche per chi attraversa l’arco quotidianamente. Il selciato resta composto di sampietrini che lastricano il centro storico, e non potrebbe essere altrimenti. Ai lati di corso della Repubblica due bar, una pasticceria, una libreria fornitissima che vende i giornali cartacei, mai scomparsi. Qui si beve un caffè, si legge e si chiacchiera con i cellulari sui tavolini, pronti a connettersi con il mondo.
Il primo sguardo proietta Fabriano nel futuro, in una visione che contrasta con la vista. Tra spazio e tempo, quali sono le attrattive in quest’area geografica infossata tra l’Appennino e la collina, oggi che si parla incessantemente di brand comunicativi?
Chiudo gli occhi cercando di stupirmi. Il Museo della Carta e della Filigrana, di dimensioni internazionali, è ubicato nel complesso delle ex Cartiere Miliani, dove sorge anche il più grande centro studi europeo sulla carta e dove si tiene un’importante fiera annuale. Gli ospiti arrivano da ogni continente. Viene esposto ciò che si produce con un semplice foglio elaborato. Dai libri alle decorazioni, dagli oggetti d’arte al design, fino ai vestiti, miracolosamente realizzati proprio con la carta. Un sindaco perspicace, dopo una lunghissima trattativa, è riuscito ad acquistare un’opera di Gentile da Fabriano, esposta nella sala più grande al pian terreno della Pinacoteca Molajoli, dove il sabato e la domenica accorrono i turisti appassionati d’arte. Il Gotico rinascimentale è tornato a casa nella figura dolcissima della Madonna col Bambino, un olio su tavola del Polittico Quaratesi, ben noto per il fondo oro e i rilievi a gesso, proveniente nientemeno che dalla National Gallery di Londra.
La modernità si intreccia con i secoli scorsi, con una ricchezza storica e monumentale rimasta intatta. Il camminare, non sembra vero, è diventato la modalità più semplice per spostarsi. Agli edifici abbattuti corrispondono strutture non più monouso. Dove c’erano i capannoni della ex Antonio Merloni, all’entrata della città, ad est, è stato costruito un quartiere verticale con uffici, spazi educativi, di co-working e telelavoro. La Fabriano sotterranea non è solo quella delle gallerie, dei cunicoli e delle grotte. Hanno effettuato massicci investimenti nelle fognature e nel drenaggio. Nel 2054 decine di case generano la propria elettricità con l’energia solare, eolica o geotermica.
Il recupero dell’esistente ha reso funzionale, dopo anni di abbandono, l’Istituto Sant’Antonio, dove sono tornati i bambini che frequentano la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e secondaria di primo grado. Nel linguaggio comune sono cambiati anche i termini: una volta c’erano l’asilo, le elementari e le medie.
L’anima di Fabriano non è più la stessa, però. Se una volta la provincia era appannaggio degli stanziali che difficilmente se ne andavano, diffidenti e conservatori, pettegoli, oggi una società sempre più multirazziale ha determinato la perdita del senso d’identità autoctono, ma non della storia. Fabriano resta la città della carta che solo con la fine del secondo millennio ha perso anche la qualifica di regina dell’elettrodomestico bianco. Gli eredi della famiglia Merloni hanno realizzato un museo nei locali della ex Indesit Company, dove si può seguire l’evoluzione, decennio dopo decennio, delle lavatrici, dei frigoriferi, degli scaldabagni, delle lavastoviglie.
Nei ristoranti si mangiano i piatti tipici. Tra tutti il salame di Fabriano, il famoso lardellato premiato dal presidio Slow Food ed ormai un’eccellenza non solo nazionale. E’ il migliore antipasto di tutte il centro Italia. Le pincinelle rimangono l’emblema della cucina contadina, come i cannelloni, il coniglio in porchetta e la cicerchiata fritta con lo strutto e il mistrà. Il contraltare del post-capitalismo sono i punti vendita del Kebab, dei prodotti vegani e il gettonatissimo Mc Donald’s. Si mangia dappertutto e ben tre alberghi si riempiono ad aprile e ad ottobre grazie alla fiera annuale della carta e ad un festival multidisciplinare delle arti: sul piano turistico Fabriano è salita di grado. I giovani vanno e vengono e costituiscono una popolazione in transito sempre meno interessata alla politica, come in ogni parte d’Italia, ma che, fortunatamente, non è caduta nel sonno della ragione. La ripresa economico-occupazionale è evidente ad occhio nudo. Si lavora specie nel settore della tecnologia e della sostenibilità, ma sono nati mestieri impensabili fino a pochi anni fa. Leggo in un’insegna tra la multisala e il centro commerciale: “Digital marketing specialist”. Di fianco un’altra scritta: “Cyber Security analist”. L’inglese è una lingua locale, non più universale. Nel frattempo le Grotte di Frasassi hanno ottenuto il riconoscimento di Patrimonio Mondiale Naturale dell’Unesco. Gli americani hanno scoperto in massa il complesso ipogeo e le visite sono decuplicate. All’entrata uno striscione recita: “There is en enchanting story”. Cascinali, case coloniche e rustici situati nei borghi sono stati acquistati specie dagli stranieri e riconvertiti in hotel, centri benessere, aziende vinicole e agricole. Va di moda il formaggio alla marmellata, esportato ovunque. Nelle confetture di rosa canina, di cipolla e di zucca è stato piantato il seme della terra: il futuro coniugato al passato.

Alessandro Moscè

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