L’ETA’ BIANCA

Nel romanzo L’età bianca (Avagliano) che uscirà il 30 giugno, Alessandro incontra Elena e instaura con lei una complicità sentimentale che prende il sopravvento nel mondo di entrambi, chiuso nelle abitudini della provincia italiana. Elena, dopo trent’anni, lo accompagna nell’ospedale dove da bambino ha rischiato di morire, come fosse una resa dei conti con il destino. Davanti all’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, dove Alessandro uscì miracolosamente vivo, tornano la passione per le partite della domenica “in bianco e nero” e l’idolo dell’infanzia Giorgio Chinaglia, il centravanti della Lazio nel frattempo deceduto. Quindi la consapevolezza dolce e amara che prima o poi bisogna dare un taglio netto alle proprie malinconie per aprire un capitolo nuovo dell’esistenza.
Se ne Il talento della malattia raccontavo la guarigione da un terribile sarcoma di Ewing avvenuta negli anni Ottanta, anche grazie, simbolicamente, all’amore per il calcio, qui subentrano la seduzione dell’adolescenza e suoi tormenti, la reticenza nel donarsi, il timore di mettersi a nudo, la passione per la scrittura e la conoscenza di grandi poeti contemporanei come Mario Luzi, nella memorabile cena in un ristorante di Senigallia. Un libro autobiografico che percorre l’Italia degli anni Ottanta e Novanta, in cui è possibile riconoscersi (il rapimento di Emanuela Orlandi, l’arresto di Enzo Tortora, la fine delle ideologie e l’inizio di un’epoca edonistica).
L’età bianca è un’età pura, incontaminata, trasparente. Un’età senza compromessi e falsità, qualcosa che possiedono gli adolescenti e i sognatori. Nel romanzo è incarnata da Elena, la ragazza nel frattempo diventata donna e che rappresenta un punto di rottura con il conformismo di maniera e con la ritualità di un matrimonio standard. L’età bianca è anche un’acquisizione consapevole, il ritorno al senso di scoperta originaria che sanno vivere i ragazzi. E’ la spinta della prima volta. Può succedere che un uomo e una donna siano tentati di rivivere la loro adolescenza quasi fosse una parabola, una favola adulta. I punti cardini di L’età bianca sono l’amore e la morte, o meglio l’eros e la morte. Perché il vero antidoto allo spettro della morte e alla finitudine umana, non è la nascita, ma l’eros, un polo di condivisione di un’unità perduta, una connotazione intimistica dei due sessi. Basti pensare che Eros, nella tradizione, aiuta l’uomo a ricongiungersi al bene. E’ bellezza del corpo, ma anche bellezza del sapere.
Nel mio romanzo c’è anche uno spaccato di vita sociale, comunitaria, il dramma della mia terra, Fabriano e il suo comprensorio, che sono stati un grande distretto industriale preso a modello perfino negli Stati Uniti. Oggi questo sistema, nell’era della globalizzazione, è miseramente crollato. Un cittadino su quattro in età lavorativa è disoccupato o cassaintegrato. Alessandro e Elena hanno deciso di rimanere nella loro provincia dal crogiolo di vie come isole e che non ha mai avuto uno spirito godereccio. I negozi chiudono, il centro si svuota, la gente emigra, gli extracomunitari fanno fatica ad inserirsi. Questa terra è forse il simbolo per eccellenza della crisi italiana.

Alessandro Moscè

eta

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