A leggere i quotidiani, questa mattina, affiora la seconda Italia: quella dei misteri. Mistero sulla morte della biologa Suzanne Eaton a Creta, mistero sulla vicenda di Emanuela Orlandi e sul cimitero teutonico, mistero sul memoriale di Aldo Moro, stando all’intervista di Walter Veltroni sul “Corriere della Sera” all’ex ministro democristiano Virginio Rognoni. La realtà supera la fantasia, come abbiamo detto più volte. Il libro giallo, che imperversa in ogni libreria italiana invadendo vetrine e scaffali, svela meno creatività, qualunque sia l’autore, da ciò che ci propina la cronaca giornaliera. Procediamo con ordine. È giallo a Creta, da ieri, sulla morte di una scienziata americana il cui corpo è stato trovato all’interno di un bunker della Seconda Guerra Mondiale. Suzanne Eaton, biologa molecolare del Max Planck Institute, in Germania, era nell’isola per partecipare ad una conferenza. Il cadavere è stato trovato a 60 metri di profondità dentro una grotta trasformata in un bunker dai soldati nazisti durante la guerra. Una donna stimata, sensibile, apparentemente senza nemici. Chi voleva la sua morte così atroce? Quale occulto interesse c’è in ballo? Giovedì scorso sono state eseguite le operazioni al campo teutonico nell’ambito dell’istruttoria sul caso Orlandi. Il risultato? Un colpo di scena: non è stato trovato alcun reperto umano, né un’urna funeraria. L’accurata ispezione sulla tomba della principessa Sophie von Hohenlohe ha riportato alla luce un vano sotterraneo di circa quattro metri completamente vuoto. Successivamente si sono svolte le operazioni di apertura della seconda tomba-sarcofago, quella della principessa Carlotta Federica di Mecklemburgo. Al suo interno non sono stati rinvenuti i resti. I familiari delle due principesse, informati dell’esito delle ricerche, hanno trattenuto il fiato. Non solo la soffiata pervenuta dall’interno del Vaticano su Emanuela Orlandi era un depistaggio o una burla, ma sono spariti anche i cadaveri delle principesse. In ultimo, l’intervista a Virginio Rognoni, uno dei massimi dirigenti della Democrazia Cristiana al tempo dell’uccisione di Aldo Moro, che subentrò come Ministro dell’Interno a Francesco Cossiga dopo il ritrovamento del cadavere dell’onorevole in via Caetani, a Roma. Conosco il caso Moro per averne letto e scritto e per l’amicizia con Maria Fida Moro, la figlia dello statista, che è stata ospite nella mia abitazione con il figlio Luca. Uno dei misteri sta nel fatto che quando a Giulio Andreotti, allora capo del governo, furono portate le carte del memoriale Moro trovate l’1 settembre 1978 in via Montevenoso a Milano, che contenevano giudizi molto severi su di lui, Andreotti alzò gli occhi e disse solo: “Eleonora (la moglie di Aldo Moro, ndr) era una fucina come noi, una donna di straordinario valore”. Rognoni, nell’intervista, non dice nulla di ciò che si seppe in seguito. La versione dei brigatisti si basa su di un interrogatorio cui sottoposero Aldo Moro durante la prigionia: il documento fu redatto in prima persona dallo statista. Il ritrovamento dei documenti nel 1978 avvenne in un covo dei brigatisti scoperto in via Montenevoso e si tratta di pagine dattiloscritte (non è certo se siano complete). Alcune pagine manoscritte da Moro vennero ritrovate in un’intercapedine, il 9 ottobre 1990, sempre nel covo di Montenevoso, durante una ristrutturazione. Un muratore, facendo dei lavori nell’appartamento, scovò le carte dietro un tramezzo. Resta incredibile che i carabinieri, nel perquisire l’appartamento, non se ne siano accorti. Si disse che battendo sui muri non si sentiva il rumore di vuoto perché i brigatisti lo avevano riempito di materiale pressato, per cui quel buco nella parete risultava colmo. Fu solo abbattendo interi muri che saltò fuori il tutto. Ma c’è dell’altro. Gianluca De Feo, sul “Corriere della Sera” del 30 ottobre 2003, scrisse: “Domenica 1 ottobre 1978, ore 11.15. A Milano in via Montenevoso un ufficiale dei carabinieri esce dal covo delle Brigate Rosse appena scoperto con una valigetta di pelle marrone. Dentro ci sono le carte di Aldo Moro. Interrogatori, appunti e lettere scritti durante il sequestro nella prigione del popolo. Un mucchio di fogli che nessuno ha ancora contato o catalogato, vengono portati via prima che qualunque magistrato possa esaminarle. Quelle pagine tornano in via Montenevoso solo alle 17.30. Ed è intorno a questo buco nero lungo più di sei ore che continuano a intrecciarsi i misteri della prima Repubblica”. A rivelare il retroscena fu l’ex capitano dell’Arma Roberto Arlati, l’uomo che ha diretto il blitz nel covo delle Brigate Rosse a Milano, dove venne arrestato, tra gli altri, Lauro Azzolini (membro del comitato esecutivo). Quindi l’ex ufficiale dell’arma ha smentito la versione ufficiale quando dichiarò che il memoriale gli venne consegnato in caserma. Non solo: nel libro scritto insieme al giornalista Renzo Magosso, Le carte di Moro, perché Tobagi (Angeli 2004), Arlati racconta che il memoriale di Aldo Moro gli venne riportato in una versione incompleta. Si rese conto che risultava molto meno spesso di quando lo avevano assemblato. Non serve leggere i gialli, i romanzi noir: i misteri sono dentro la cronaca del nostro Paese. Tre per uno, in un solo giorno. La lista è lunga e sui tre casi menzionati si apriranno altri casi. Dunque, leggete i quotidiani. Non c’è invenzione e ci si nutre di una scrittura visiva, un po’ enigmatica, in cui le sensazioni palpabili sembrano andare incontro ad una coscienza da decifrare. Le vicende accadono e si possono riprodurre fedelmente.
Alessandro Moscè