LA RISCOPERTA DELL’ANARCHICO CELESTE LUIGI BARTOLINI

Il polemista, l’incisore, il poeta, il narratore degli eccessi, è oggi consacrato ai vertici come artista con la puntasecca in mano. Non altrettanto si può dire della sua fertilissima produzione in prosa e in versi, spesso dimenticata dalla critica italiana. Se il centro di documentazione di Cupramontana, cittadina nella collina anconetana che ha dato i natali a Luigi Bartolini, è stato capace di raccogliere un consistente numero di opere cartacee, di articoli giornalistici e di tesi di laurea, il merito è da ascrivere principalmente ad un municipio attento al suo figlio più illustre. Il volume Laboratorio di carta. Bibliografia degli scritti apparsi in volume di Luigi Bartolini (Centro di Documentazione Luigi Bartolini, 2007) è curato da Fabrizio Mugnaini. Un libro irregolare, come irregolare e assolutamente atipico è stato Bartolini. Sembra perfino inevitabile arrivare immediatamente alla “verifica” di Ladri di biciclette, stampato per la prima volta nel 1946 dall’editore Polin di Roma, che aveva un sottotitolo assai accattivante: Romanzo umoristico del furto e del ritrovamento d’una bicicletta per tre volte. Dopo il frontespizio, la dedica tipografica, laconica: “Ai ladri romani, pregandoli di non rubarmi la bicicletta per la quarta volta”. Il libro, trasposto nella versione cinematografica da Zavattini e De Sica, è uno dei capolavori del neorealismo italiano, anche se mai avallato dallo stesso Bartolini (il film è più malinconico, il romanzo più disperato). La seconda pubblicazione di Ladri di biciclette avvenne nel 1948 (per opera di Longanesi). Nel 1949 la prima traduzione in francese, nel 1950 la diffusione in Danimarca, Spagna, Portogallo, Argentina e Stati Uniti. Nella sequenza cronologica della ricca bibliografia di Mugnaini si arriva al romanzo Il mazzetto edito da Mondadori nel 1959, dove nella seconda sezione vengono riprodotte tutte le incisioni originali inserite nei volumi (tra le quali spicca “L’eremo dei frati bianchi” del 1960). Tra le pubblicazioni più recenti è da segnalare Vita di Anna Stickler (Avagliano, 2002). Scrisse Enzo Siciliano su “Repubblica” (28 settembre 2002): “Di Luigi Bartolini marchigiano, incisore di qualità, quindi pittore e poeta, prosatore, narratore di racconti amorosi, va messa alla luce la natura randagia e il magnifico scatto virile che assolutizza solitudine e sensualità, ma anche rabbia, insolenza e tenerezza”. Bartolini fu un appassionato anticonformista (si definiva anarchico celeste), dalla “campestre erraticità” per dirla ancora con Siciliano. Il “Notiziario bartoliniano” edito in tre numeri dal Comune di Cupramontana, permette di scovare sorprendenti recensioni: dalle più recenti come “Un sogno chiamato Anna Stickler” di Antonio De Benedetti apparso sul “Corriere della Sera” il 13 ottobre 2003, a “Pagine a sbalzo di un ninfale marchigiano”, scritto da Massimo Raffaeli su “Alias-il manifesto” (25 gennaio 2003), ai più datati, tra i quali “Arte e scrittura come approfondimento dello stato di contemplazione” di Giuseppe Appella, pubblicato su “L’Osservatore Romano” l’8 febbraio 1992. Interessante l’accostamento di Goffredo Fofi, quando su “L’Unità” dell’11 dicembre 1995, individuò alcuni elementi chiave di questa scrittura. “Se dovessi dire dei nomi ai quali la prosa e la poesia, il racconto e la divagazione di Bartolini possono farlo accostare, ne azzarderei due, che so impropri e inadeguati: la pienezza del sentire e del godere (della bellezza e della luce, del paesaggio e dei sentimenti) di un Comisso, la scorbutica, infastidita ruvidezza e misantropia di un Landolfi (tentato bensì dalla deformazione fantastica)”. Luigi Bartolini è stato uno scrittore onnivoro che nella sua irruenta e insieme delicata meraviglia (si tratta di un prosatore e di un poeta di ossimori) ha cercato solo lo specchio della verità. La parola è esplorativa nella terrigena virtù, nell’aggettivazione scarna, in un qualcosa che taglia in due la realtà naturalistica e il carattere umano. Il paesaggio di Cupramontana illumina un’oasi che placa in parte, nel suo molle andamento, il sangue caldo di Bartolini, uomo poliedrico, ardito come oggi nessuno saprebbe essere più.

Alessandro Moscè

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