Il Papa, di recente, ha sottolineato che la bellezza è una grazia. Non l’umiltà, la solidarietà, la misericordia, la fede, ma appunto la bellezza. Ha indicato la Madonna come simbolo, quindi una donna, non solo il creato nel suo insieme. Nell’omelia della sua prima messa pontificale Papa Francesco parlò della necessità di custodire la bellezza dell’universo, mettendoci in guardia dalla nostra rapacità, come fossimo emuli di Erode. Fu un messaggio che alludeva a Francesco d’Assisi, al rispetto della natura come immagine di Dio espressa nel Cantico di Frate Sole. La bellezza della Madonna è un’altra cosa. E’ carne, è sangue, è corpo. Cosa induce il pontefice a citare un dato propriamente estetico della persona, un elemento che apparentemente dovrebbe essere distante dalla visione della religione cattolica, se declinato al femminile? La bellezza è sublime quando non coincide con la provocazione della sensualità del nostro tempo, con l’esibizione o con la nudità. La bellezza può elevarsi al di sopra del piacere e del desiderio, se coincide con una rappresentazione storica. “L’arte, nella storia, è stata seconda solo alla vita, nel testimoniare il Signore. Infatti è ancora una via maestra che permette di accedere alla fede più di tante parole e idee, perché con la fede condivide il medesimo sentiero, quello della bellezza”. Lo ha detto sempre il Papa nel corso dell’udienza concessa ai “Patrons of the Arts” dei Musei Vaticani in occasione del 35° anniversario dell’associazione. Una bellezza che crea comunione, che unisce l’uomo al passato e lo coniuga al presente e nell’avvenire. La bellezza contemplativa per ritrovare ciò che conta: l’arte cristiana ci conduce al senso profondo dell’amore, alla bellezza di Maria, segno di speranza per i cristiani. E’ una bellezza impressa nel volto candido rappresentato da Mantegna, Bellini, Raffaello, Perugino. Un volto che forse supera perfino quello del Cristo, per forza espressiva. L’altra faccia della bellezza, vale a dire la pietà, cioè l’immagine di Maria che tiene in grembo il figlio morto, detiene altrettanto fascino icastico. La pietà, molto raffigurata nei paesi nordici, trova nell’arte italiana il suo capolavoro con i gruppi marmorei di Michelangelo. Riscoprire la bellezza significa quindi ribadire il primato di un gusto classico celato anche dentro l’opera, contro ogni contraffazione odierna che si annida in una sofisticazione del costume. La bellezza convenzionale non è data da elementi superficiali e innaturali. Non è affidata ad un lifting facciale, a creme idratanti per lanciare la sfida al tempo mediante un procedimento di rigenerazione della pelle. Elsa Morante, nel romanzo L’isola di Arturo (1957), scrive una provocazione che contiene una verità povera e schiacciante, seppure non abbia nulla a che vedere con la cristianità: “Avere un corpo senza nessuna beltà; capelli, occhi mori; scarpacce ai piedi; vesti da stracciona e con tutto ciò essere bella come una dea, come una rosa. Ecco un vanto supremo di vera bellezza”.
Alessandro Moscè