TUTTO IL CALCIO MINUTO PER MINUTO

Avendo scelto di non abbonarmi a Dazn, ieri, come vent’anni fa e come quando ero bambino, sono tornato ad ascoltare le partite del campionato di calcio manipolando la mia vecchia radio. Intendo le partite delle 15, quando la Lega decideva che tutti gli incontri si dovevano disputare alla stessa ora. Non come adesso, nel calcio dello “spezzatino” che distribuisce le gare il sabato e la domenica tra anticipi e posticipi di mezzogiorno e del dopo cena per arricchire le televisioni a pagamento. Alla radio non ci sono più Sandro Ciotti, Enrico Ameri, Beppe Viola, Ezio Luzi, Bruno Gentili, Massimo De Luca e Riccardo Cucchi. Quest’ultimo ha da poco pubblicato un libro, Radiogol, edito da Il Saggiatore, in cui rilegge le sfide memorabili di una carriera durata trent’anni in un bellissimo resoconto che comprende anche il campionato mondiale vinto dagli azzurri nel 2006. Cos’era “Tutto il calcio minuto per minuto”, su Rai Radio Uno negli anni Settanta, Ottanta e Novanta? Un sogno, nient’altro che un sogno. Intanto perché i tuoi beniamini in campo non li vedevi, potevi solo immaginarli scorrazzare sul campo. Ricostruivi mentalmente l’azione raccontata e la sera, quando scorrevano i primi filmati a “90° Minuto”, verificavi se ti eri avvicinato abbastanza con la fantasia, se il radiocronista era stato bravo a commentare i goal, i pali, i rigori, le punizioni, i falli, i tiri da ogni lato del rettangolo di gioco o se aveva ecceduto nella concitazione della diretta. C’era quella musica di sottofondo, la sigla introdotta dalla pubblicità della Stock 84, che faceva palpitare i ragazzini. I boati del pubblico negli stadi interrompevano chiunque parlasse: chi aveva segnato? La tua squadra che giocava in casa? L’avversario con la curva ospite che si era scatenata dietro la porta di Pulici, Cacciatori, Orsi, Terraneo, Martina, Fiori? Sono laziale e ricordo le prodezze di Giorgio Chinaglia e Bruno Giordano, il boato degli anni d’oro, come quei minuti interminabili prima che Giuliano Fiorini segnasse e regalasse la vittoria nell’anno dei -9 punti di penalizzazione in serie B, con mia madre partecipe e ansiosa e mio padre ammutolito sul divano. Quelle domeniche, quando la linea era stata data da Alfredo Bortoluzzi che conduceva in studio, gli italiani si mordevano le unghie. Avrebbero voluto la diretta solo per la loro squadra. Nessuno sapeva cosa stesse succedendo altrove: la Juventus, il Milan, l’Inter attaccavano, erano in giornata, oppure le avrebbero prese di santa ragione? “Tutto il calcio minuto per minuto” non consentiva mai di rilassarsi, di prendere fiato. Era uno specchio senza riflesso, uno schermo oscurato. Molti bevevano, fumavano. Altri preferivano isolarsi in una stanza, andare al bar o infilarsi nella propria automobile. Il fischio finale era liberatorio o decretava la tristezza della domenica che si smaltiva solo durante la settimana. Chi percorreva l’autostrada poteva tenere gli occhi ben aperti con l’avvicendarsi delle emozioni e dell’intercalare delle voci dal timbro riconoscibilissimo. Oggi il calcio è marketing, immagine, spot. Non c’è più il tempo per i sogni e dunque nemmeno per la radio a transistor con le pile, o attaccata al filo elettrico della presa in un angolo della sala da pranzo. Lazio-Fiorentina del 7 ottobre 2018 è stato un susseguirsi di capovolgimenti di fronte e sono tornato quello che ero stato. Cosa starà dicendo Inzaghi ai suoi giocatori? Immobile si libererà della marcatura asfissiante o rimarrà ad aspettare l’assist? Correa varrà Felipe Anderson? Il centrocampo farà filtro? Quel microfono era istallato in un’epoca lontana che ricordavo come fosse trascorso un solo giorno dall’idea della redazione radiocronache della Rai (guidata da pietre miliari come Guglielmo Moretti e Sergio Zavoli) che entrò prepotentemente nelle case della gente. Con “Tutto il calcio minuto per minuto” ho percorso distanze enormi, come tutti. Ieri procrastinando le sorti di una partita, le ho riconosciute ancora dall’urlo della folla, da un profluvio incontenibile prima di ogni pronuncia dello speaker.

Alessandro Moscè

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