LA LETTURA: POLITICI E MANAGER, VERGOGNATEVI

Si avvicinano le elezioni e cominciano a farsi avanti scrittori, giornalisti e opinionisti che suggeriscono soluzioni per incrementare la lettura. L’ultima ondata critica è rivolta a bibliotecari e librai, perché siano più preparati nel consigliare, nell’acquistare e nel promuovere la qualità, specie nelle scuole, dove si legge pochissimo. Scrive il romanziere Nicola Lagioia su “Repubblica” del 22 gennaio: “Cominciamo dalle scuole. Le biblioteche scolastiche sarebbero i luoghi perfetti per la promozione della lettura, se solo fossero sufficientemente attrezzate, se fossero attive (in molte scuole ci sono biblioteche dove in un anno non entra un libro), e soprattutto se ci fosse un bibliotecario, cioè una persona il cui compito è promuovere la lettura tra gli studenti, con strategie che variano a seconda del contesto in cui si trova. Attualmente nelle scuole le biblioteche sono affidate al buon cuore dei docenti che se ne occupano tra mille altre cose”. Può essere un’idea, come gli incentivi fiscali per l’acquisto dei libri, come una promozione che parta dal ministero (Dario Franceschini finora ha speso solo vane parole) e che si concentri nelle città di provincia e non solo in qualche grande centro. Servirebbero anche finanziamenti mirati per creare ex novo più fiere (almeno una per ogni regione). Bisognerebbe organizzare incontri con gli autori a cadenze mensili proprio nelle scuole e nelle biblioteche, nei supermercati e nelle piazze con contributi statali (come succede nel cinema, ampiamente promosso). Il libro può essere venduto come qualunque altra merce, pur essendo l’Italia un paese refrattario ad ogni attenzione culturale. I politici non sanno nulla di letteratura, tanto meno di poesia. Mario Luzi è un perfetto sconosciuto e Paolo Volponi è stato un senatore del Pci, per quei pochissimi che lo hanno sentito almeno nominare. Ha ragione Gianluca Barbera, che nel suo volume Idee viventi (Minesis 2018) dice che le cosiddette “persone serie” tendono a squalificare le grandi domande della filosofia e non usano mai parole come “ideale” o “verità eterna” (forse perché ne hanno paura, come di tutto ciò che penetra nella sfera dell’inconoscibile). Le bocciature fioccano. L’Aie, l’Associazione italiana editori, riferiva tempo fa che il 58,8% della popolazione nazionale, durante l’anno, non apre nemmeno un libro contro il 37,8% della Spagna e il 30% della Francia. E tra i laureati, il 25% dei neodottori italiani, ricevuta la pergamena, abbandona completamente la lettura per svago o nel tempo libero. Tuttavia, rispetto alla media, sono gli eletti dai cittadini e la classe dirigente ad andare peggio. Il 39,1% dei manager, dirigenti e politici d’Italia, infatti, non legge nemmeno un volume ogni dodici mesi. Il potere pubblico non ha cultura, è involgarito, astuto, supponente e con le orecchie lunghe come quelle del ciuccio.

Alessandro Moscè

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