NESSUNA PREVISIONE

E’ sempre più difficile immaginare un’Italia governabile. Ieri, in una trasmissione televisiva, Walter Veltroni sanciva, di fatto, la resa del Pd dinanzi allo scenario che si profila da qui a marzo del 2018, quando presumibilmente si voterà. Una resa della sinistra, come della destra e del bipolarismo stesso, ripresa questa mattina da “Il Foglio” nell’articolo di Umberto Minopoli. La fine dei partiti come forme contrapposte di un sistema che non c’è più, altro non è che la fine della politica italiana. Si parla di Macron e della nascita di un partito europeo, quello che da noi potrebbe essere il Partito della Nazione: una struttura personalizzata (berlusconiana o renziana), per far fronte ad una situazione di emergenza. La dialettica dell’alternanza condurrebbe ancora una volta al caos labirintico. Anche Massimo Cacciari invita alla creazione di un movimento occidentale che superi la logica dell’alternanza. Riequilibrare ciò che non va, ridare un assetto all’Italia come all’Europa. Ambiente, sicurezza, immigrazione, terrorismo: cosa fare per combattere le piaghe del paese e dell’Europa, di nazioni che sbandano paurosamente? Quando gli scrittori si sono occupati di politica, hanno spesso sbagliato le previsioni. La preveggenza del creativo sulle sorti della comunità è quasi sempre fasulla. Friedrich Nietzsche, in Frammenti postumi, scriveva: “I partiti falsano l’amicizia, la dedizione più pura, il più forte amore per la verità. La loro attività continua è quella dei falsari. L’uomo più notevole non si discosta molto dal furfante e dal calunniatore, quando vuoi formare un partito”. Più di un secolo fa il filosofo avvertiva il desiderio di cambiare radicalmente il sistema. Nessuna previsione, ma un auspicio contro la sottomissione della gente. Si nota l’impotenza dei politici, degli imprenditori, dei sociologi, dei giornalisti e degli scrittori. Tutti fermi. Nel 2017 non si sa più come arginare la crisi economica, i nazionalismi, la povertà, i populismi e i sovranismi. Siamo immersi nella palude e i piedi affondano. La prefigurazione di un modello simile alla grande coalizione sarebbe transitorio, un viatico per nuove elezioni, per un rimando. La partita, però, è grossa: c’è da salvare la democrazia, il popolo che non lavora, da porre un freno alla recessione e alle nuove povertà. Mancano programmi credibili e una centralità europeista che viaggi sulla stessa lunghezza d’onda in Italia, in Francia, in Germania ecc. Finora le avversità hanno prevalso sul buon senso anche nelle sedi sovranazionali, divise ed eccessivamente burocratizzate. Dicevamo, in un precedente articolo, della politica dell’indifferenza e quindi dell’astensionismo. Berlusconi, Renzi, Di Maio, Grasso, Salvini vengono giornalmente sconfessati, come incarnassero una categoria e nient’altro. La soppressione dei partiti, secondo Simon Weil, era il modo per togliere il male, senza mezze misure. Ci si muove a stento in un vortice disturbante. Nessuno che indichi come effettuare gli investimenti, come contenere la pressione fiscale, come perseguire la crescita economica: un qualsiasi oroscopo politico deluderebbe i cittadini.

Alessandro Moscè

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