TIFAVO PER MATTEO NUCCI

Lo consideravano il favorito della vigilia e Paolo Cognetti ha confermato i pronostici: è lui ad aggiudicarsi il premio Strega edizione 2017. Il suo Le otto montagne ha ottenuto 208 voti, un trionfo larghissimo. Al secondo posto Teresa Ciabatti con 119 voti per La più amata (Mondadori) e al terzo Wanda Marasco con 87 voti per La compagnia delle anime finte (Neri Pozza). Al quarto Matteo Nucci con È giusto obbedire alla notte (Ponte alle Grazie), al quinto Alberto Rollo con Un’educazione milanese (Manni). Ebbene, tifavo per Matteo Nucci come sapete, che ha scritto il romanzo migliore. Quindi non vi parlerò di Cognetti e delle sue incantate vette, di un libro stereotipato e anonimo, ma di Nucci che descrive una Roma che non vediamo: non un monumento storico, uno scorcio nobile, da cartolina, ma un fiume che scorre in luoghi periferici, tra canne solitarie, melme dense, acque che scavano caverne, mentre le nutrie scorrazzano e gli ultimi anguillari insegnano ai giovani le tecniche della pesca. Il dottore, come viene chiamato da tutti (ma il suo vero nome è Ippolito), vive in un capanno con la porta di lamiera e dalla sua piccola chiatta osserva il Tevere opalescente che cambia colore come il cielo. Nessuno sa, nella comunità di dispersi, da dove venga, che cosa faceva prima di arrivare “attraversando la notte”. L’Anaconda è il ristorante improvvisato dove ci si ritrova a bere un liquore fortissimo che brucia la gola, fatto con le erbe misteriose del fiume. A pochi metri dalla capitale siamo dall’altra parte del mondo, in un posto mitologico per quanto arcaico, inusuale, dove dimorano lettori di testi antichi, cuoche sudamericane, zingari, malavitosi, pastori, ragazze dell’est. Il linguaggio di Matteo Nucci è stemperato tra riflessione e descrizione. L’atmosfera è sinistra, ma non fa paura a nessuno. Tutto è fermo e tutto si muove: dai tronchi dei pioppi alle radici dei vecchi alberi, alle case che sembrano quelle dei pirati salgariani, ai tubi di cemento dentro i quali c’è chi riposa come in un sonno eterno. Eppure da una vita scaduta si può rinascere, tornare in superficie. Lo Strega è un premio suddiviso a tavolino, lo sappiamo. Spartito sulla base del potere dell’editore che propone ogni anno il suo beniamino. A Matteo Nucci consiglio una massima di Giovanni Soriano: “Scommettere sulla propria sconfitta è un modo conveniente di assicurarsi la vittoria”. Sono convinto che le cartacce, le pastiche, le pozzanghere e le reti metalliche della sua Roma dureranno di più del diario delle belle montagne o di una parete di roccia a cui affidare il destino di Cognetti.

Alessandro Moscè

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