L’ALTRA FACCIA DEL WEB

Se il web può essere una fonte pericolosa di alienazione, spingendo ad instaurare rapporti per lo più virtuali, spesso falsificati perfino da identità che l’interlocutore inventa, c’è anche il rovescio della medaglia. Facebook dà diritto di parola ad una legione di imbecilli, diceva Umberto Eco, in quanto automaticamente immette in un sistema di rete dove un Premio Nobel e una qualunque persona sono livellati dalla comunicazione ridotta in pillole, immediata, senza che un mediatore vagli le frasi pubblicate. Spesso, nei forum, prevale l’insulto, la denigrazione, la presa di posizione sciatta, infondata, non argomentata. Non mancano le definizioni di un presunto “Facebook addiction disorder”, e non è difficile trovare prontuari che suggeriscono i passi necessari per liberarsi da un’eventuale dipendenza. Ma è altrettanto vero che l’online consente di conoscere una vasta umanità, come nella commedia dell’arte (ricordate la Compagnia degli Accesi, dei Fedeli e degli Uniti?). Conosciamo il soggetto astuto, spavaldo, cretino, ribelle, retorico, buono, ponderato, intelligente. E chi, semplicemente, ha qualcosa da dire in un mare magnum di banalità giornaliere. Quando uscì il mio romanzo Il talento della malattia edito da Avagliano nel 2012, alcuni giovani che avevano contratto una grave malattia mi scrissero dicendomi che si erano immedesimati nella mia storia, che avevo raccontato la loro storia, perché in fondo si trattava di un percorso comune, dunque universale. E mi spiegarono i dettagli della nevrosi da ospedale, l’incubo generato dalla guarigione stentata, dalla paura che il male si ripresentasse. Non è un caso che alcuni scrittori attingano proprio dal web per ideare una vicenda romanzesca. Non è un caso neppure che le persone con esperienze simili si cerchino e si trovino. Il web può consentire, se ben utilizzato, di accogliere l’altro, il singolo, se non una comunità intera. E’ sul web che ho appreso che un ragazzo quindicenne, guarito da un osteosarcoma, è tornato a correre e ha vinto una gara di atletica. Trent’anni fa avrebbe subito l’amputazione dell’arto e gli sarebbe stato negato il piacere di recuperare una condizione fisica normale. Ed è sempre sul web che ho appreso che negli ospedali la terapia della scrittura è diventata una pratica consueta come forma di esorcismo al male. E’ sul web che mi hanno invitato a parlare del mio romanzo autobiografico. Sempre sul web un medico mi ha riferito che nel suo reparto il diario giornaliero prescritto ai pazienti rappresenta un mezzo per “espellere” le emozioni negative (dolore, rabbia, frustrazione). Usata in questo modo, la scrittura diventa uno strumento di rielaborazione che permette di riversare su un foglio l’apice del proprio sentire. Non nego che un personaggio del mio prossimo romanzo è nato da un dialogo interattivo su Facebook, da alcune rivelazioni che ho ricevuto in privato. Do spesso dei consigli, quando vengo interpellato: scrivete in prima persona e utilizzate sempre l’io. Non abbiate paura di esporvi, di uscire allo scoperto. Il valore esistenziale della scrittura, a qualunque livello, va preservato. Non giudicatevi, affermate e soprattutto non negate la vostra verità.

Alessandro Moscè

web-gestionale

 

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