La conduttrice del programma televisivo “Le Iene” ha commosso l’Italia. Tornata in trasmissione domenica sera, Nadia Toffa ha rivelato che sta combattendo per vincere un tumore. E’ bella fisicamente, ha un volto luminoso, fresco, eppure si sta sottoponendo a cicli di chemioterapia e radioterapia. Le sue parole sicure e dolorose, schiette e trepide, che si muovono in un vortice emotivo, sono uno schiaffo: “Penso che non ci sia assolutamente niente di cui vergognarsi, anzi. Ho solo perso qualche chilo, non mi vergogno neanche del fatto che sto indossando una parrucca, questi non sono i miei capelli. Mi sento orgogliosa anche di sapere cosa hanno provato le persone che ho intervistato per anni e che combattevano contro il cancro. Vi chiedo normalità. Continuate a prendermi in giro, a fare tutto come se non fosse successo niente, perché senza volerlo potreste farmi del male. Anche a voi che mi incontrate per strada, trattatemi come sempre, criticandomi. Non trattateci da malati, noi malati di cancro siamo dei guerrieri, dei fighi pazzeschi”. Un coraggio da leoni. Nadia Toffa ha parlato agli italiani come stanno facendo Renzi, Berlusconi, Salvini, Grasso, Di Maio, ma per un bene prezioso e non artefatto da promesse e competizioni. Ci vorrebbe un corteo per lei e per chi sta impugnando la pistola, per chi spara alle cellule maligne che si moltiplicano nel corpo. Ci vorrebbe un corteo per innalzare un coro in suo favore e per tutti coloro che stazionano negli ospedali, nei reparti oncologici con una flebo in vena. Ed è successo, in effetti. 7 milioni di italiani, in televisione, tifano per la ragazza, 200 mila su Facebook, 126 mila con un commento espresso sui social. La grande vergogna si è trasformata nella grande bellezza non della solidarietà, ma del consenso. La gente è con Nadia Toffa perché si immedesima nella sorte che ha vissuto in prima persona o tramite un familiare, che potrebbe abbattersi su chiunque. La gente ha votato Nadia Toffa, ha stretto un patto segreto contro l’ingiustizia di quello che Emma Bonino chiama “il maleducato”, il cancro che entra abusivamente e non bussa. Scriveva Cesare Pavese: “Ti stupisci che gli altri ti passino accanto e non sappiano, quando tu passi accanto a tanti e non sai, non t’interessa, qual è la loro pena, il loro cancro segreto?”. Il mestiere di vivere, uscito nel 1952, quindi in altri tempi, faceva leva sul silenzio del dolore, ma la frase citata è un abbraccio ideale, una stretta per reprimere il senso di vessazione morale. Nadia Toffa esce allo scoperto e sconcerta benevolmente, come Elena Santarelli che lotta per il figlio malato, come Shanen Doherty, la protagonista di Beverly Hills, come la coreografa Carolyn Smith, malate e temerarie. Nessuno si nasconda più. So che cosa prova Nadia Toffa. E’ successo anche a me e ne ho scritto una biografia romanzata nel 2012, in cui ho raccontato l’esperienza vissuta a 13 anni. Ora invito a leggere il bellissimo libro Le stanze dell’addio di Yuri Selvetella, appena pubblicato da Bompiani, che ha uno struggente filo conduttore. Riguardando l’immagine sullo schermo di Nadia Toffa, della guerriera che non molla, si entra in un’empatia adrenalinica. Cara Nadia, domenica sera, quando ti confidavi con il tuo pubblico, eri davvero una figa pazzesca.
Alessandro Moscè