L’Italia distorta e occultata, che pecca miseramente, che fa passi indietro, che non conosce un principio elementare che andrebbe applicato ogni giorno nella gestione della cosa pubblica: la meritocrazia, sviata sia dai partiti di centro, che di destra e di sinistra. Mentre continuiamo a mantenere i privilegi della casta, scopriamo dei casi emblematici. Voleva fare la scienziata in Italia, Sabina Berretta. Dopo anni di ricerche non pagate, l’unica via per mantenersi agli studi sembrava un posto da bidella, che purtroppo non le è stato assegnato. A seguito di varie traversie si è trasferita all’estero. Oggi ha 56 anni e dirige l’Harvard Brain tissue resource center del McLean Hospital di Boston, la più grande banca di cervelli del mondo. In questo istituto le parti anatomiche vengono sezionate e conservate. Sabina Beretta studia il cervello e nel suo laboratorio sviluppa un metodo d’interazione con la pratica scientifica al fine di curare gravi malattie. Sabina Beretta viene da Catania, e dopo aver frequentato l’Isef ha sviluppato la passione per la neurologia, ma le ricerche nessuno gliele pagava: era semplicemente una volontaria. In quello stesso luogo si disse disposta a pulire pavimenti, armadi, scansie, oggetti. Finché ha vinto una borsa del Cnr per un anno. Ha scelto il Mit di Boston e non è più tornata in Sicilia. Sabina Beretta attualmente studia gli effetti della schizofrenia sul cervello da ricercatrice indipendente, con budget e staff propri. La malattia mentale è sempre una malattia fisica, suggerisce la scienziata. L’analisi sui cervelli consente di progredire nella medicina, così come la sperimentazione sugli animali. Dicevamo della meritocrazia. Un valore che non può sfuggire agli occhi di chi valuta, di chi dovrebbe assumere un dipendente. Eppure il curriculum conta ben poco, specie nei concorsi pubblici pilotati da quell’usanza italica di favorire sempre qualcuno. Non si parlerà di Sabina Berretta se non in circostanze casuali, perché un giornalista la intervisterà o perché verrà citata in una rivista specializzata. “Quale orribile fatica per un uomo senza protettori, senza cabala, non intruppato in una qualche congrega, ma solo, e con null’altro che tanto merito valido per ogni raccomandazione, farsi strada attraverso l’oscurità in cui si trova, e giungere al livello di uno stupido che gode di credito”, diceva Jean de La Bruyère. Lasciar morire un talento è il vero omicidio che viene perpetrato a danno della società. La natura fa il merito, ma è sempre più difficile riconoscerlo. Peggio ancora metterlo in pratica. L’evidenza invisibile è una singolarità consumata dalla prima, dalla seconda e dalla terza Repubblica.
Alessandro Moscè