Gli extracomunitari, in Italia, sono persone del tutto sconosciute. Soggetti con i quali non parliamo, con i quali non abbiamo nulla in comune per tradizione e provenienza, cultura e usanze. Queste persone che provengono per lo più dall’Africa, non vengono considerate parte integrante della nostra comunità. Non lo sono perché abbiamo, verso di loro, forme di prevenzione, riserve e antagonismo. Non accettiamo che in un Paese che soffre la crisi economica e occupazionale, si debbano accogliere nuove povertà che probabilmente non avranno mai uno sbocco professionale. Melania Mazzucco con il suo reportage romanzesco Io sono con te. Storia di Brigitte (Einaudi 2016), racconta un mondo emarginato e insofferente, in particolare quello di una persona. Brigitte arriva alla stazione Termini dal Congo, pranza e cena con gli scarti dei viaggiatori. Il percorso narrato è di chi chiede asilo politico provenendo da un ambiente di infermieri e medici, da una clinica privata costruita con i propri sforzi. Ma in Italia che cosa succede? Quanti stranieri sbarcano e quanti se ne vanno, in un solo giorno? Quanti possono usufruire di protezione internazionale? Quanti immigrati clandestini sono espulsi? Quanti conducono una vita onesta e quanti sono vittime di torture, perseguitati dai loro stessi incubi? Molte cose sono cambiate con l’elezione di Papa Francesco, perché come afferma proprio Melania Mazzucco nel suo libro, “la vicinanza fisica, almeno quanto quella spirituale, ha scatenato un desiderio di emulazione, di responsabilità”. Il Papa ha esortato ad accogliere i rifugiati, ad essere vicini agli ultimi, ad avere coraggio. Cosa significa avere coraggio? Andare incontro a questa gente, frequentarla, non vederla da una distanza impossibile, nel viaggio sui barconi di fortuna, nella tragicità dei dispersi in mare, dei naufraghi, dei cadaveri galleggianti nel Mediterraneo. Le mense dei poveri sono aumentate, come i centri di accoglienza. Ma non sappiamo chi è il ragazzo nero che vende i braccialetti, che chiede l’elemosina, che frequenta un centro di ascolto o la Caritas. Dietro un volto scuro e un naso schiacciato si nasconde una sofferenza velata, un pianto soffocato, un’atrocità subita ad oltranza. La legislazione italiana ed europea è carente. Spesso si creano dei dislivelli tra nazione e nazione, in un peregrinare nei vari stati che vede l’Italia al centro di una discussione politica che comprende non solo questi arrivi ad ondate, ma la stessa gestione dei centri di accoglienza, specie a Lampedusa. E’ sotto gli occhi di tutti l’incendio doloso divampato a maggio dello scorso anno che comportò la distruzione di un padiglione che era già stato frantumato da un incendio, prima nel 2009 e poi nel 2011. In una società sempre più multirazziale, alzare i muri vuol dire non avere coraggio, direbbe il Papa. L’impressione è che le istituzioni internazionali abbiano perso il filo della matassa sulle migrazioni da un continente all’altro. Eppure non possono evitarle.
Alessandro Moscè