ADESSO CI PENSO IO

Lo avevamo preventivato proprio tre giorni fa, che si sarebbe potuto arrivare all’uso arbitrario delle proprie ragioni (previsto come reato dal codice penale) e ad una reazione istintiva al malcontento asfissiante. La “rivolta del reddito” in seguito alla congiuntura economica, che di fatto ha reso i ricchi più ricchi e i poveri più poveri azzerando del tutto la classe media, ha avuto il suo epilogo. Mercoledì scorso tre persone identificate dai carabinieri del nucleo informativo hanno aggredito l’onorevole Osvaldo Napoli all’uscita da Montecitorio. I tre sono stati denunciati per violenza privata aggravata e resistenza a pubblico ufficiale in concorso. Sono gli esecutori materiali del finto arresto, i cosiddetti “forconi” (che avrebbero rifiutato l’appellativo). Non dei buffoni di passaggio, ma persone che intimoriscono i politici, che usano la violenza e che vogliono abbattere la casta. Non si è trattato di un episodio folcloristico, ma di un vero e proprio attentato all’incolumità fisica. Un parlamentare vale l’altro, un partito vale l’altro, un uomo conta uno come tutti gli altri. Il popolo che usa metaforicamente il forcone vorrebbe arrestare chi siede su quegli scranni. La scena, trasmessa più volte in televisione e che ha fatto il giro del web, è davvero stucchevole. L’onorevole corre, viene inseguito, afferrato, spintonato, finché la situazione si placa con l’intervento degli agenti. Cosa sarebbe successo se non si fossero presentati i carabinieri? Avrebbero davvero arrestato il deputato? Lo avrebbero schiaffeggiato, malmenato, sequestrato? Tiene banco anche il caso di Debora Serracchiani, che nell’aula della Regione Friuli Venezia Giulia è scoppiata in lacrime dopo gli insulti ricevuti. Ha dichiarato: “Sfregiare, umiliare, colpire, sporcare. Le offese sono diventate selvagge, personali, fisiche”. Nella parole di questa donna non c’è solo la denuncia, ma anche la paura. Il filosofo austriaco Karl Popper, che teorizzava sulla libertà di opinione, sulla società aperta e sui suoi nemici, notava: “In che cosa consiste un modo civilizzato di comportarsi? Consiste nel ridurre la violenza. È questa la funzione principale della civilizzazione ed è questo lo scopo dei nostri tentativi di migliorare il livello di civiltà”. I social media hanno amplificato la versione opposta, così come la crisi occupazionale del nostro Paese, diventata inarrestabile. L’Italia si è involgarita e parla un linguaggio triviale, indecente. La violenza è sempre un modo di lottare inferiore, infondato, se non risponde alla legittima difesa. Eppure sta aumentando, come l’intolleranza che conduce alla violazione dei diritti umani. E’ per questo che un tema molto sentito dalla gente specie di una certa età, si incentra sulla garanzia della sicurezza sociale, peraltro sancita dalla Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo. Ed è su questo terreno che chi crede alla non violenza e ad un sistema di protezione esteso, farà perno nelle prossime elezioni. Ai malpancisti che hanno perso le staffe si contrapporrà il buon senso di chi preferisce il “rantolo della ragione in gola”, per dirla con John Boyes, il londinese che illustrava le tragedie.

Alessandro Moscè

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