DAG SOLSTAD E L’UOMO CREPUSCOLARE

Un grande norvegese, Dag Solstad, considerato un’icona (l’unico in un paese scandinavo ad aver ricevuto il Premio della Critica per tre volte), è stato tradotto in Italia da Iperborea. T. Singer, da poco nelle librerie, è un romanzo molto curioso. Perché non conta nulla la storia del bibliotecario che si sposa, che perde la moglie in un incidente automobilistico, che rimane in casa con la figlia adottiva. Cioè gli eventi cronologici che si susseguono hanno una connotazione nettamente inferiore a tutto il resto. Il senso più sviluppato del romanzo è il silenzio. E dopo il silenzio l’ossessione. Nel silenzio è incapsulata la paura del protagonista di deludere gli altri, di essere giudicato, mortificato, deriso. Per cui Singer perde la giovinezza senza neanche accorgersene, riuscendo a vivere nelle retrovie, in incognita. Un uomo costantemente in bilico tra l’incertezza e l’inquietudine, tormentato, sotto le righe di una società chiassosa. Il romanzo di Dag Solstad si apre con la descrizione di un sintomo: Singer soffre di vergogna per un fatto accaduto quando era piccolo, un semplice malinteso che però lo costringe ancora a nascondere il viso tra le mani, ad irrigidirsi. Non sopporta che qualcuno l’osservi e la sua quotidianità diventa la ricerca di un nascondiglio, un rifugio da occhi indiscreti. Il pervasivo imbarazzo che circonda ogni azione che è costretto a fare specie al lavoro, quando cataloga i libri o interagisce con la clientela, non gli impedisce altresì di riconoscere che non sarà mai un tipo coraggioso, un leone della pista da ballo, un re del divertimento. Scrive Solstad: “Uno sguardo, un’occhiata stupita, un’espressione inquisitoria, un commento bastano a provocare la sua totale dissoluzione interiore”. Il “paesaggio crepuscolare” che lo circonda fa di Singer un nichilista, “uno spirito integralmente negativo”. Il romanzo serve a capire che le nevrosi possono deviare il corso di un’esistenza e sperperare un’adolescenza, la gioventù, rendendola sterile, smunta. Eppure uno spiraglio di luce c’è, perché Singer, che ha sempre sognato di fare lo scrittore, aspetta come una manna dal cielo la “visione memorabile” che sovverta radicalmente il suo annichilimento, che lo sconcerti. Uno straordinario evento che nella sua bizzarria potrebbe essere un pesce che vola, un merluzzo che si muove orizzontalmente nell’attimo in cui una civetta ascende al cielo. La visione non è di certo il cielo vuoto e ricco di sfumature a Nottonden e a Oslo, le città dove prende servizio dopo aver vinto un concorso pubblico. Il lavoro, per Singer, risponde al senso del dovere, che gli è sempre piaciuto. Le uniche distrazioni sono l’aria e il vento durante le passeggiate. Eppure ci accorgiamo che anche un uomo come il protagonista di Dag Solstad può innamorarsi e trasferirsi in casa dell’amata, dormire nel suo letto e mangiare alla sua tavola. L’introverso custode dei libri è un uomo come un altro, con delle crepe nella personalità che non si curano, che si nascondono, che si mimetizzano.

Alessandro Moscè

 

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