NAPOLEONE E I POLITICI

Può un arresto essere la conseguenza di una decisione politica per creare la grancassa mediatica? E’ possibile che il padre e la madre di Matteo Renzi siano agli arresti domiciliari per una scelta calcolata della magistratura, al fine di oscurare la votazione della piattaforma grillina che ha optato per il no affinché il Ministro dell’Interno Matteo Salvini non venisse processato? Quello che sosteneva Silvio Berlusconi, e cioè che uno dei tre poteri dello Stato ingerisse indebitamente sull’esecutivo, si è trasferito a danno di un esponente di spicco del Pd, acerrimo avversario del patron di Forza Italia. L’odio italiano verso i vertici istituzionali è alimentato dagli stessi politici di primo piano, da una continua discriminazione che rende tutto fumoso, ambiguo, sospettoso, mendace. Un’atmosfera velenosa ha preso campo tra gli esponenti del Movimento 5 Stelle, dilaniato al suo interno, tanto che si teme la scissione. Beppe Grillo viene fischiato, i piddini mimano le manette, la sinistra radicale continua ad attaccare il fronte del populismo e del sovranismo. Si torna a parlare con insistenza di fascismo e razzismo. Mai come adesso l’Italia è diventata complottista e sentenzia violentemente contro l’altra frangia, qualunque essa sia. Il web amplifica la massificazione della volgarità. Basta andare su Facebook e se ne leggono di tutti i colori. Non viene risparmiato nessuno, neppure il Papa, il quale auspicando che siano accolti gli immigrati, sarebbe una voce scomoda per la sicurezza e l’incolumità degli italiani. Nessuno crede più a nessuno: la politica è diventata una patata bollente e la percezione comune è di un mondo non solo sporco, ma illegale. L’Italia ha bisogno di futuro, ma come sosteneva Francesco Alberoni sul “Corriere della Sera” in tempi non sospetti (maggio 2011) “gli italiani si sono stancati degli eccessi della competizione politica. Del chiasso, degli insulti, della demagogia, dei tradimenti, di tutto ciò che è chiacchiera. Mentre si vogliono cose pratiche, sviluppo economico, lavoro, occupazione, nuove strade, servizi efficienti, una città pulita”. Chi parlerà per la prima volta di ordine, serietà, onestà, giustizia, correttezza? Se non crediamo alla politica, né alla magistratura e qualcuno accusa perfino Papa Francesco, chi rimane l’uomo integerrimo e inattaccabile da immolare? Non ci resta che esaltare il mito, che andare indietro nei secoli. In questi giorni esce il nuovo romanzo del geniale Roberto Pazzi, Verso Sant’Elena (Bompiani). Ci dice lo scrittore ferrarese che Napoleone esce dalla Storia per entrare nel Mito. C’è nell’aria una certa fame di capi carismatici e meno affezione per la democrazia: i Salvini, gli Orban, gli Erdogan, i Putin, i Trump, lo stesso Mussolini, rivisitato da Scurati. Ecco allora il ritratto visionario di un Grande caduto, che a Sant’Elena ebbe a dire della sua relegazione nello scoglio atlantico: “Ho avuto le corone più importanti, ma la più gloriosa me l’hanno data gli inglesi, la corona di spine”. E’ il senso della visionarietà che contrasta il reale soffocante, abusato, ripetitivo. Uscire dalla cronaca di oggi per affrontare i tempi lunghi contro ogni forma di ipervisività e onnipotenza dei ritmi televisivi e dell’informazione vorace, sanguinolenta, giornaliera. E’ forse questo l’unico metodo per reinventare il presente e immaginare un po’ di futuro. Siamo fatti di memoria, perché il tempo che conta si prolunghi, finalmente, senza Renzi, Grillo, Salvini e Berlusconi, con quella vita che non si misura più con gli orologi. Cosa avrebbe detto Napoleone in un destino di grandezza esiliante sulla situazione italiana e mondiale, parlando tra sé e sé, scrivendo nella più completa intimità?

Alessandro Moscè

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