NON SI PUO’ STARE IN POLITICA TUTTA LA VITA

Molte città italiane non si riprendono più dalle secche: quante volte, fino alla nausea, leggiamo di sconfortanti dati sull’occupazione specie giovanile? E quante volte, forse irragionevolmente, viene accusata la politica che non sempre, specie a livello locale, trova i mezzi necessari per dare impulsi, risposte, per fornire possibili soluzioni, non potendo creare profitto? Su di un fatto, però, bisognerebbe riflettere. E’ giusto che vengano distribuiti ruoli pubblici ai pensionati, in una fase così recessiva, depressa? Dalle mie parti, nelle Marche, un terzo della popolazione in età lavorativa resta mestamente a casa. Non stiamo parlando di rottamazione, ma di ricambio generazionale, necessario. Le nuove esigenze della popolazione possono essere meglio interpretate dai 40-50enni che non dai 60-70enni, ne siamo convinti. Si dice che Franz Kafka (ma la fonte non è mai stata riportata) affermasse che la giovinezza è felice perché ha la capacità di vedere la bellezza. Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza non diventerà mai vecchio. Anche questo impulso può generare novità, cambiamento. Alle elezioni del 4 marzo i giovani sono andati a votare, nonostante un trend in forte decrescita negli ultimi anni e una disaffezione verso la politica in continuo incremento. L’affluenza è stata di poco superiore al 70%, in linea con le altre fasce della popolazione. Nei mesi precedenti le elezioni, i segnali erano di grande malcontento: emergeva però più l’indecisione che la voglia di astenersi ed era predominante la disillusione sul disinteresse. Ha scritto Andrea Bonanoni su “Avvenire”: “Molti si sono pronunciati non tanto dettati da una reale convinzione, ma mossi dall’insoddisfazione verso un Paese che continua a lasciarli ai margini. E quindi, per molti, il voto non è stato espressione reale di cosa vogliono, quanto un segnale di quello che non vogliono più, ovvero un’offerta e un sistema politico che in questi ultimi anni non ha parlato con loro, non ha parlato di loro e non li ha fatti parlare”. I giovani dovrebbero impegnarsi di più nella politica attiva proprio per rovesciare le sorti di un paese dove vivere è diventato difficile. Toccare le loro corde, in politica, significa anche dare loro spazio nelle amministrazioni, nei consigli comunali, nei ruoli dirigenziali degli istituti e degli enti. Proporli e concedere fiducia nel loro operato. I politici degli anni Ottanta, Novanta e Duemila abbiano l’umiltà di rimanere nelle retrovie, di non sentirsi inamovibili, o più capaci e preparati. Abbiano anche il coraggio di riconoscere le loro manchevolezze e i loro errori. Nessuno si senta Spider Man. E’ anche il caso di dire: cambiamo gli uomini. Forse in molti, nell’elezione di giovani sindaci nelle province italiane, hanno sottovalutato proprio il dato anagrafico. Non si può stare in politica tutta la vita.

Alessandro Moscè

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