IL GIARDINO DELL’AMORE MANCATO

“Nella vita, se uno vuol capire, capire sul serio come stanno le cose di questo mondo, deve morire almeno una volta”. Una frase suggestiva, come quel giardino festoso, con i campi da tennis, le ragazze che sorridevano, il chiasso, gli ammiccamenti, i primi amori. Era un luogo di separazione dal mondo, di felicità. Ma divenne, simbolicamente, la prima divisione, il luogo della selezione delle razze nella città di Ferrara. La storia degli ebrei del capolavoro di Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi Contini, non fu capita, inizialmente, da Alberto Arbasino, mentre ingiustamente gli avanguardisti definirono lo stesso Bassani e Cassola, “Liale”. Il destino di un romanzo e di uno scrittore possono attraversare vie accidentali e del tutto imprevedibili. Oggi Bassani viene  ricordato per quel romanzo, datato 1962: un brano è stato oggetto del tema di maturità di ieri. Il protagonista viene cacciato dalla biblioteca perché sono uscite da poco le leggi razziali applicate in Italia dal 1938: le sue abitudini saranno sconvolte. Si confida con un amico sulla paura, sulla grettezza, sullo sconvolgimento di una decisione assurda quanto inumana. E’ ignoranza o è ferocia? Esiste davvero la banalità del male, in fondo? Il giardino dei Finzi Contini, anche nel film diretto da Vittorio De Sica, che rimane molto ben riuscito nonostante le discussioni sul finale non corrispondente a quello del libro, è impresso nel volto di Giorgio e Micol, che rappresentano la spensieratezza, la confusione dell’età, il bene e lo struggimento di un’adolescenza prolungata e bruscamente interrotta. Quando cambia lo scenario la storia incombe sulla comunità ebraica. Ma quei volti sono luce, idillio, incanto. La prima parte del romanzo e del film, coglie l’attimo fuggente dell’amore, quando il giovane sbaglia i tempi di approccio. E’ il tempo delle occasioni sfumate, del bacio rimandato, del sì e del no. Bassani scrisse l’amore universale, la verità di una generazione che insegue la bellezza, l’ideale intoccabile. Il giardino e il tennis sono il preambolo del sentimento più bello, che a quell’età rimane sognato come in un eden inesistente. Il paradiso terrestre è al di là del muro, malinconicamente. Fuori c’è addirittura il peggio di quanto l’uomo potrà coniare nella sua malvagità non solo secolare. “Uguali in tutto e per tutto come due gocce d’acqua”, dirà Micol a Giorgio, che prefigurava le “scene coniugali”. La ragazza, avveduta e diffidente, guarda oltre il presente e il senso di fraternità per il ragazzo non corrisposto. Oggi sappiamo che Giorgio Bassani ha raccontato, in prima persona, la storia del suo amore impossibile. Un dolce passato, direbbe Micol, non svanisce. Anche quando arrivano i nazisti-fascisti, le deportazioni e il distacco definitivo.

Alessandro Moscè

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