LA ROMANIA DITTATORIALE DI LILIANA LAZAR

Ci sono fenomeni che posso essere compresi solo attraverso la geopolitica e un sistema governativo che finisce per imporre e condizionare la vita dei cittadini, dai più indigenti ai più autorevoli. E’ il caso di questa storia narrata da Liliana Lazar (rumena, nata nel 1972 in Moldavia, è cresciuta nella grande foresta di Slobozia, dove il padre faceva la guardia forestale) nel romanzo I figli del diavolo (66th and 2nd 2018). Siamo nel mezzo della guerra fredda e il regime di Ceausescu impone alle donne che non abbiano almeno quattro figli e 45 anni, il divieto di abortire. Di conseguenza viene spesso praticato l’aborto clandestino da chi non ha i soldi per allevare un figlio, o qualora la prole nasce da rapporti clandestini, da genitori ammalati. Qualcuna di queste donne decide di abbandonare i neonati nei grigi orfanatrofi, veri e propri luoghi di contenzione dove i bambini, quando crescono, diventano irascibili, violenti nei confronti dei coetanei più deboli. Elena Cosma, ostetrica nubile dalle fattezze sgraziate, decide di adottare Damian, acquistandolo da Zelda, l’avvenente rossa di capelli che ha appena perso il marito. Elena si trasferisce a Prigor, un paese da medioevo, di poche anime, lontano dal trambusto della città, e qui esercita la professione facendo da infermiera, badante, bambinaia, portantina e anche da medico in presenza, occasionalmente, di feriti. Sul muro della sala delle visite appende il ritratto di Ceausescu. Il pittore ufficiale ne aveva addolcito i lineamenti sottolineando la luminosità degli occhi del padre della patria. “Il presidente detestava il contatto fisico, era risaputo, e aveva una paura terribile di essere contagiato da una malattia durante uno di quei bagni di folla”. Sembra un contadino ben vestito, colui che chiamano il Genio dei Carpazi. Elena Cosma è una delle poche professioniste a praticare interruzioni di gravidanza per le mogli dei quadri di partito. “In cambio dei suoi servizi, poteva contare su un po’ di protezione, e qualche volta le capitava anche di intascarsi un bel gruzzoletto”. Damian è “un figlio del diavolo”, rifiutato, venduto, senza un padre, ma Elena si prodiga perché non gli manchi nulla. Intanto il ministero della Gioventù e dell’Infanzia inaugura una nuova casa per bambini in Moldavia, a dimostrazione dell’interesse delle autorità nei confronti degli orfani, perché “i bambini sono di proprietà dello Stato”. Ma in quegli orfanatrofi mancano i vaccini, gli antibiotici, perfino le aspirine. Si praticano le trasfusioni di sangue per rinvigorire chi è deperito, con siringe bollite e non sterilizzate. Se qualcuno muore l’inumazione è eseguita frettolosamente. Alcune donne utilizzano mezzi pericolosi per interrompere la gravidanza: chi decide per il raschiamento con acqua e aceto, chi per un’iniezione di aspirina e alcol, chi facendo uso dei decotti di erbe o immergendosi nell’acqua bollente. Sulla Romania si abbatte la nube di Chernobyl proveniente dalla Russia, ed è il disastro nucleare più grave della storia. “Siccome i venti non la smettevano di cambiare direzione, si consigliava alla popolazione di uscire di casa solo in caso di assoluta necessità, con un pezzo di stoffa annodato sulla bocca o, alla peggio, con un collo alto”. La grande storia non risparmia Prigor. Il dittatore viene ucciso, il muro di Berlino cade e la Romania cambia completamente volto. Ma i “figli del diavolo” rimangono contrassegnati con un marchio che non si toglie. Per loro non ci sarà possibilità di redenzione.

Alessandro Moscè

 

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