MARIO DESIATI E IL GIORNO DELLA FUGA

Nel 2017 sono giornalieri gli sbarchi dei profughi dalle coste albanesi e africane con barche sfondate di legno, di vetroresina, con mezzi di fortuna come i gommoni. Il fenomeno dell’immigrazione per mare iniziò con la chiusura delle frontiere degli stati europei a seguito dell’adozione di un regime di visti d’ingresso restrittivi verso i paesi più poveri. Molti ricorderanno la data dell’8 agosto 1991, quando la Vlora, una nave cargo larga venti metri (la “nave dolce”, venne ribattezzata in un film), con circa duemila persone a bordo, attraversò il canale d’Otranto e arrivò a Bari. Era partita da Durazzo, in Albania, per consegnare un carico di zucchero provenente da Cuba. Il mercantile fu dirottato in Italia, prima a Brindisi, già saturo di arrivi, poi appunto a Bari. Mario Desiati, uno dei migliori narratori italiani dell’ultima generazione, con Mare di zucchero. Due ragazzi e un sogno: la libertà (Mondadori 2014), ha raccontato l’incontro tra Luca, un ragazzino appassionato di videogiochi, barese, e Ervin, nato nella terra delle aquile, l’Albania, che sceglie di salire sulla nave per raggiungere il Paese del benessere, senza neppure un paio di scarpe o di sandali ai piedi. “In Albania tutti conoscono l’Italia perché la vedono in televisione. Le frequenze sono migliorate, e se prima si prendeva solo qualche canale italiano, adesso se ne vedono una decina. E così tutti, compreso Ervin, sono convinti che lì le persone siano ricche e felici”. Il comandante della nave viene accerchiato, minacciato e infine acclamato. Lo obbligano ad uscire dal porto e a dirigersi verso le coste italiane per sfuggire alla dittatura e alla povertà. Desiati narra in modo essenziale gli avvenimenti intrecciando un episodio che appartiene alla cronaca internazionale, con l’amicizia di due tredicenni che si stringono la mano, che provano forse il primo sentimento della loro vita: dolce, protettivo. E nel mezzo un’avventura senza un finale scritto, tra case di pugliesi prese d’assalto, uno stadio comunale dove vengono assiepati i profughi, panini lanciati da un elicottero, ambulanze che sfrecciano tra le vie della città. Gli sguardi di Luca ed Ervin sono perplessi, spauriti, attoniti, ma complici. “Continuano il cammino, guardandosi a vicenda con la coda dell’occhio. I passi si fanno sempre più rapidi, e in prossimità di un bivio, Luca si mette a correre a perdifiato, come a continuare la corsa cominciata nei pressi dello stadio”. I ragazzini si nasconderanno in una ex scuola diroccata mangiando una fetta di polenta. Passano vent’anni dallo sbarco della Vlora. Luca, diventato adulto, legge su un quotidiano le testimonianze di sei albanesi, tra cui Ervin Karma, 32 anni, consulente commerciale. Desiati ha riferito che la rotta sulla libertà del 1991 la ricorda bene e che all’epoca giocò con i bambini albanesi. Alla fine la gran parte dei profughi venne rimpatriata con l’inganno. I pugliesi sono un popolo generoso, tanto che per l’accoglienza riservata dalla gente agli immigrati, si pensò di candidare la regione al premio Nobel per la Pace. Anni dopo venne lanciata l’iniziativa “Mare Nostrum”, un’operazione umanitaria per il potenziamento del dispositivo di controllo dei flussi migratori che la Marina svolge dal 2004 con una nave e aeromobili da pattugliamento marittimo. In questi giorni si ha l’impressione che i porti non siano sempre aperti e che un sogno di fuga rimanga un’evasione momentanea, come quella che accadde nel 1991. Mario Desiati vorrebbe fare di persona quel viaggio all’incontrario perché il suo Luca incontri ancora Ervin come si incontra San Teodoro che protegge i naviganti che hanno perso la rotta. Allora l’Italia era l’America. Oggi non lo è più.

Alessandro Moscè

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