E’ TEMPO DI INDUGIARE

Ci piace l’approfondimento di tutto ciò che riguarda il tempo. Il tempo che passa, che toglie le età, il tempo della giovinezza, dell’età  adulta, della vecchiaia che si vorrebbe annullare di colpo perché vista come un’anticipazione della morte. Ma il tempo che ci domina realmente, qual è? Ultimamente è uscito in Italia un saggio dal titolo Il profumo del tempo. L’arte di indugiare sulle cose del filosofo coreano Byung-Chul Han (vive in Germania, dove insegna a Berlino) per la casa editrice Vita e Pensiero. Cosa dice questo indagatore della civiltà  odierna? Parla di società della soddisfazione, non di società della relazione, mettendo in luce la velocità  di tutto  ciò che accade, l’accelerazione del tempo e la sua frantumazione. Oggi un tempo contemplativo è considerato un tempo sprecato. L’uomo pensa a se stesso, alla materialità immediata delle cose e al suo corpo, quasi fosse inabile a generare un futuro. E’ questo l’estremismo della libertà  e del liberismo, sia in chiave personale che imprenditoriale. Tutti agiremmo in un fare disorientato, affastellato, ansiogeno. Non caso nel 2012 venne dato alle stampe il saggio di Byung-Chul Han La società  della stanchezza. Recentemente ho letto una frase del filosofo, che ho appuntato. La riporto: “I politici evitano ogni genere di impegno. Ciò si sta evolvendo in una politica del ‘mi piace’. Quale personaggio politico è un esempio di questo tipo di atteggiamento? Forse Angela Merkel, ecco perché è così popolare. Non ha ovviamente alcuna convinzione, alcuna visione. Tiene un occhio sull’opinione pubblica, e se questa cambia, cambia anche il suo punto di vista. Dopo la catastrofe nucleare in Fukushima, divenne improvvisamente contro l’energia nucleare. Si potrebbe anche dire che sguscia via come un’anguilla. Perciò oggigiorno abbiamo a che fare con una politica levigata”. Levigare: aggiustare tutto ciò che fallisce. Ma il tempo ci corre dietro, ci sorpassa, ci impone le sue regole e ci induce all’errore. E’ il tempo dell’atomizzazione e dell’iperattività  mortale, della produttività  ad ogni costo. E’ un tempo che ci priva di un’identità  che parli, che ascolti, che rifletta, che si fermi. Ha scritto Monsignor Gianfranco Ravasi sul “Sole 24 Ore” dell’11 dicembre 2016: “Chi perde il respiro perde anche lo spirito”, commentando il libro di Byung-Chul Han e richiamando il cuore pulsante del cenobio. Non saper misurare più il tempo se non per ciò che ci è utile in chiave ipermoderna, plasmandolo per una reddività, ci priva di fiato, di rilassamento, della levità  dell’anima. Siamo diventati corpo e denaro e lottiamo per la preservazione di due elementi che si vuole migliorare, che fanno diventare anche l’uomo un ingranaggio dell’oggetto. Qualcuno pensava che la contemplazione perfezionasse gli uomini. Ci trasformeremo in dei robot che non avranno più neppure bisogno di sbirciare il tempo degli orologi? L’uomo non riesce più a starsene a casa con piacere, parafrasando Pascal. Appunto, non riesce più ad indugiare.

Alessandro Moscè

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