CHE COS’E’ L’ORNAMENTO PUBBLICO?

Se ne parla ma non è mai preso in considerazione. E’ il biglietto da visita di una città, ma le amministrazioni comunali non ne tengono conto. Eppure l’abbellimento estetico, il decoro urbano, la cura di alcuni luoghi come i parchi e le aiuole, sono indispensabili per ogni ambiente che intende preservare la sua immagine. L’ornamento pubblico rientra nella cronaca quando vengono compiute delle nefandezze. L’ultima ignominia in ordine di tempo, è lo sfregio del Colosseo. Protagonista dell’atto vandalico, una turista francese che è stata denunciata per danneggiamento aggravato su edifici di interesse storico e artistico. La donna avrebbe usato una monetina d’epoca per fare un’incisione sulla base dell’arcata nei pressi dell’ingresso visitatori. Un ennesimo sfregio sull’Anfiteatro Flavio, un altro atto vandalico, era stato compiuto un mese fa. La vocazione storica e culturale di una capitale del mondo, così di ogni altra città, spesso viene disconosciuta dagli stessi cittadini che la abitano, come se ciò che rende peculiare un posto diventi anche invisibile, completamente trascurabile. Solo quando si compie un gesto incivile ci si rende conto che il patrimonio comune è un bene da difendere, che ci rappresenta e ci appartiene. Buche stradali e strade dissestate, cestini divelti e strisce pedonali invisibili, tombini occlusi e stabili abbandonati, inquinanti e in disfacimento, deiezioni dei cani in ogni dove ecc. Il senso dell’abitare venne espresso magistralmente da Italo Calvino nel suo capolavoro Le città invisibili (Einaudi 1972): “Anche a Raissa, città triste, corre un filo invisibile che allaccia un essere vivente a un altro per un attimo e si disfa, poi torna a tendersi tra punti in movimento disegnando nuove rapide figure cosicché a ogni secondo la città infelice contiene una città felice che nemmeno sa d’esistere”. Sembra sempre più difficile riuscire a conciliare il vivere di un uomo o di un nucleo familiare con il vivere collettivo, come se un bene di tutti fosse un bene di nessuno. L’ornamento pubblico è qualcosa di astratto, seppure se ne capisca immediatamente il senso. Ma sfugge agli amministratori e anche al più solerte sindaco. Una città felice e una città infelice: cosa distingue ciò che viene ben gestito da ciò che non va? Senz’altro l’acquisizione di un senso, di un processo partecipativo, di uno spazio pubblico e di coesione sociale. Abbiamo l’impressione che questi concetti manchino sempre di più, come i patti di collaborazione, la costituzione in consorzio, cooperativa e fondazione al fine di garantire la fruizione di un bene. La cultura dell’abitare è avulsa al cittadino di oggi, chiuso nel suo bisogno di autoaffermazione professionale, sentimentale, virtuale, spesso irreale. Il problema non è solo di natura politica, ma anche di coscienza. Ricordo che in una recente campagna elettorale, tra i punti elencati da un candidato sindaco, veniva indicato il censimento dei fontanili, delle risorgive dell’acqua. Non solo non è stato fatto nulla, ma penso che non ci fosse neppure la convinzione di realizzare alcunché.

Alessandro Moscè

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