QUELLA RAGAZZA DI 117 ANNI

La vecchiaia non sempre è da intendere come il preludio alla morte. Non sempre è accompagnata da una condizione di tristezza e di passività. Può essere, anzi, un dato anagrafico e un processo biologico straordinari. Leggo sul “Piacere della lettura”, l’inserto del sabato del “QN”, la storia di Emma, che ha attraversato addirittura tre secoli. Oggi sarebbe la donna più vecchia del mondo. Ha 117 anni, vive sul Lago Maggiore ed è nata nell’Ottocento. Qual è il segreto della longevità di questa “ragazza” ormai senza più età? Lo avrebbe sussurrato all’orecchio di un giornalista: una certa spiritualità (recita il rosario tutte le sere) e una rigida alimentazione che prevede semolino e due tuorli d’uovo crudi al giorno. Emma è autonoma, vigile. La vecchiaia ha una dinamica che non accumuna ogni essere vivente. Diceva Arturo Graf: “Se l’anima tua invecchia innanzi tempo, invecchierà innanzi tempo anche il tuo corpo”. Esistono notizie che si mischiano a leggende, a dicerie, che non si è mai capito fino a che punto possano avere un’attendibilità. La sfida al tempo, del resto, è la grande scommessa degli scienziati e dell’epoca attuale, che vorrebbe un elisir di lunga giovinezza così come il patto con Mefistofele. In questo senso la chirurgia plastica, la buona salute e i progressi della medicina sono stati dei palliativi alla vecchiaia e alla morte stessa. In Ecuador, a Vilcabamba, viveva un uomo che in 127 anni di vita si recò in ospedale una sola notte, l’ultima, prima di morire. Una donna fa la sarta a 90 anni e riesce ancora a mettere il filo nell’ago senza gli occhiali. Ci sono baldanzosi vecchietti che non hanno mai smesso di far sesso. Uno di loro, nonagenario, ha regalato tre figli alla sua giovane sposa. A Hunza, sulla sponda del Mar Morto, in Georgia, dove Stalin ebbe i natali, Shirali Muslimov avrebbe messo incinta la moglie quando era un giovanotto di appena 136 anni. L’acqua di Hunza conterrebbe minerali con effetti antiossidanti che a loro volta agirebbero contro il processo di invecchiamento degli esseri umani: fenomeno che tuttavia non è stato ancora scientificamente accertato. Ci interessa la metafora, però. Se la vecchiaia fa paura e se l’immortalità non è stata ancora consegnata all’uomo, è altrettanto vero che ci inducono una riflessione contemplativa, la stessa di Emma e dei casi riportati. Cito una poesia contenuta nell’ultima raccolta di Claudio Damiani dal titolo Cieli celesti (Fazi 2016): “Questo cielo, come sarebbe difficile / spennellarlo, voglio dire dipingerlo, / sarebbe un’opera difficilissima / e invece ecco, apri la finestra / e te lo ritrovi qui, bell’e fatto. / E questo gatto, che mi sta vicino mentre scrivo, / questo qui, dimmi un po’, sapresti rifarlo? / Mi potresti rispondere: milioni, anzi miliardi di anni / di evoluzione, e eccotelo bell’e fatto / (perché tu vuoi dirmi: non c’è bisogno di scomodare Dio, / credo nella creatura, non nel creatore). / Ma tu tesoro mio puoi non credere in quello che vuoi / ma un universo e miliardi di anni / ti sembra poco?”. Il tempo che ci suggerisce Damiani, come la vecchiaia, la finitudine umana e la morte, fanno parte di un’intelligenza misteriosa che non riusciamo a spiegare neppure servendoci della fisica moderna. Se la morte resta una questione insoluta, lo è anche la longevità, segno di un passaggio che resta a lungo, di un ingranaggio all’apparenza inutile  di persone che attendono serenamente “di sapere come andrà a finire”.

Alessandro Moscè

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