LA SINOPIA DI MASSIMO RAFFAELI

C’è una sinopia che connota, nella percezione poetica, la ricerca espressiva, linguistica, filologica (nel senso più autentico e selettivo del termine), di Massimo Raffaeli, critico illuminista e folgorante, dal taglio breve: è la mappa orientativa che divide il Novecento e il suo attuale prolungamento tentacolare nel terzo millennio, diviso tra il Grande Stile e l’avanguardia da un lato, e la terza via, quella della poesia residenziale, domestica, che si allaccia fortemente al carisma e all’insegnamento di Vittorio Sereni, Franco Scataglini, Paolo Volponi, Ferruccio Benzoni. Questa terza via, per Raffaeli, forma una “metafisica della crisi” oggi resistente più che mai, una verità che parla tra corpo/cuore/cervello, che non risulta l’elaborazione di un post-modernismo inconcludente o una prova di collocamento strumentale, ma semplicemente una congiunzione ideale tra esperienza e anacronismo. “Voci etiche prima che politiche”, viene annotato nell’ultima raccolta miscellanea di interventi: L’amore primordiale (Gaffi 2016), dove gli elementi costitutivi fibrillano nei nessi tra il passato e il futuro di Sereni (amante del calcio e cantore del “catino vuoto”, ombroso di San Siro finita una partita dell’Inter), negli ossimori crepuscolari di Benzoni, nello spazio consueto, con “contrappunti fonici” di Giorgio Orelli, nello spasimo risorgente di Fernando Bandini ecc. Franco Fortini è un caposaldo che nelle figure allegoriche e nella forma data a ciò che forma non ha, riassume l’infinita dispersione nel tempo e il tentativo di cogliere una finalità nella perdita, nella sottrazione, ma anche nella forza di mutare lo stato esistente secondo un input hegeliano e marxista. Non a caso una sezione di L’amore primordiale si intitola “Dal margine”, a significare quello che Massimo Raffaeli ha detto spesso pubblicamente: il rovesciamento della geografia poetica fa sì che la periferia si trasformi in centro, che la lateralità diventi nucleo. L’operaio Luigi Di Ruscio, fermano di nascita, lavorava ad Oslo e conservò un tono inimitabile, una pronuncia singolare, introiettata e metabolizzata nella sua lontananza dalla patria poetica. Poesia politico-sociale, ma soprattutto antropologica, “al cospetto del capitalismo quale forma scientifica e ormai definitiva dell’asservimento dell’uomo all’uomo”. E quindi l’andatura ragionativa e narrativa, tipica di una propensione post-montaliana, nella modalità di comprensione degli avvenimenti. Non manca la poesia della memoria di un irregolare come il milanese nativo di Erba Giampiero Neri, custode sapienziale del ricordo e dell’ossessione stessa del ricordare, vocato alla scrittura in versi per imprimere un ordine necessario al flusso della quotidianità. Quindi la poesia dell’urbinate Umberto Piersanti, “immaginabile solo tra le cose essenziali della vita. La poesia o è un convito, un cibo umanamente spartito tra commensali, o essa non è”. Non cambia molto nell’elegia del romano d’adozione Claudio Damiani, nella coscienza di incarnare la spietata finitudine “che costituisce la sola legittimazione della parola” tra figure parentali e amiche, nel compiere gesti elementari tradotti in una lingua ridotta all’osso, oraziana. Dal margine emerge Stefano Simoncelli, di Cesenatico, con la sua gioventù rinfacciata, gli incontri sbadati in luoghi di transito come motel, alberghi ad ore, con quel tu scomparso che incombe come presenza-assenza. Massimo Raffaeli è un testimone anomalo del suo tempo, perché non segue un organico disegno riempitivo. Scopre continuamente un respiro, un battito, incarnando davvero l’assunto baudelairiano “in fondo al nuovo per scoprire il nuovo”. Niente ci sembra già detto, consunto, ma tutto in fibrillazione perché guidato senza regole preordinate. L’esatto opposto di un canone del tipo di quello stilato da Harold Bloom. Non è proprio il caso di presentare una lista di maestri da portare con sé, piuttosto di selezionare un’universalità priva di etichette, senza schemi e nomi rigidamente consegnati, facendo valere “l’incandescenza dei segni”, una pulsazione che erompa direttamente dalla pagina, che dia credito alla riconoscibilità della migliore poesia nel cortocircuito tra il sentire e il pensare, sospesi in quella profezia e in quella totalità attributive di un destino comune.

Alessandro Moscè

Raffaeli

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